Piazza Federico di Svevia pedonale: un seme per la città civile del futuro

Sulla prossima pedonalizzazione di piazza Federico di Svevia, a Catania, si sono davvero spese tante parole negli ultimi mesi e non si placano le rimostranze di alcune associazioni di commercianti che si oppongono, in modo piuttosto “rumoroso”, mentre altri commercianti e residenti si dicono invece favorevoli, seppure in modo più pacato ma netto («si vada avanti senza se e senza ma»), nel momento in cui l’amministrazione Trantino appare determinata a procedere.

Una visione della situazione può essere questa: c’è una piazza del centro storico di una grande e antica città del Mediterraneo, ininfluente dal punto di vista dell’assetto viabilistico di attraversamento cittadino, dove, inoltre, sorge un maestoso castello del Duecento. Una piazza così, verosimilmente, in qualsiasi altra città europea, sarebbe area pedonale da anni, divenendo un punto di attrazione godibile, turistico e non solo, dove poter respirare senza aspirare gas di scarico, senza l’inquinamento anche acustico dei motori, in un’oasi di bellezza architettonica esaltata pure dalla presenza di verde e alberi. Dove poter passeggiare liberamente per raggiungere anche i ristoranti presenti, pure all’aperto, senza che polveri sottili si depositino sul cibo che si ingerisce. Dove non dover alzare la voce perché, a pochi metri da noi, non c’è il rumore di auto e moto incolonnate alla ricerca di un parcheggio (abusivo) che, magari, troverebbe sede su un marciapiede, quindi sottraendo spazio ai pedoni.

Questa visione è, volutamente, estremamente semplice. Eppure non semplicistica: è la premessa chiave, basilare, per fare capire come la vocazione della piazza, in particolar modo al tempo in cui viviamo, è assolutamente chiara e definita e che ogni buona amministrazione ha il dovere di esaltarla nell’interesse della città.

Andando, poi, nel dettaglio della situazione, è ovvio che sorgano numerosi aspetti che apportano complessità alla questione. Aspetti che, in realtà, l’amministrazione ha già considerato, anche come risultato di molteplici incontri e riunioni tenutisi nel corso di diversi mesi, prevedendo, tra le altre cose: supporto dal servizio di trasporto pubblico di Amts; stalli di sosta riservati ai residenti (i quali, infatti, sono i primi ad avere solo da guadagnare); aree e orari per lo scarico di merci; possibilità di accesso alla clientela di alcune attività commerciali a determinate condizioni; piano viario alternativo (in verità non complesso, poiché non sono interessate arterie fondamentali della viabilità cittadina); nuove aree di sosta limitrofe alle zone interdette al traffico; possibilità di raggiungere un istituto scolastico negli orari di attività. Non può dirsi, quindi, che non si sia previsto un quadro variegato di intervento. Certo, in fase attuativa, potrebbero emergere eventuali, ulteriori criticità da risolvere. Ma solo con una sperimentazione –non a breve termine– è possibile condurre corrette valutazioni dei risultati.

La pedonalizzazione comporta la crescita del valore dei beni immobiliari interessati e favorisce moltissime forme di attività commerciali. È comunque inevitabile che alcune di queste, tuttavia, mal si concilino con la pedonalizzazione (poche, fortunatamente). Ovviamente dispiace per i soggetti interessati che, nel tempo, potrebbero doversi spostare per ragioni di migliore opportunità, ma da che mondo è mondo è un processo, alla fine, normale. Si chiede solo la normalità che la città merita. L’interesse collettivo, di tutti i catanesi (e anche di chi la città la visita, contribuendo alla sua economia), non può che prevalere sull’interesse particolare, di pochi. La piazza è dei catanesi, tutti, non di un numero ristretto di soggetti, ai quali nessuno ovviamente nega di avere anche, in passato, contribuito al miglioramento della zona. Ma l’obiettivo comune, di tutti i cittadini, della città e quindi di chi l’amministra, non può che essere uno: l’evoluzione. Evoluzione che significa anche trasformazione, cambiamento di abitudini. Funziona così dappertutto. Gli stessi ristoratori, categoria che -in generale- beneficia particolarmente delle pedonalizzazioni, andranno incontro a dei cambiamenti. Nessuno può negare che le abitudini di parte dell’attuale clientela non sono proprio buone: parliamo di quella fetta di popolazione più restia alle buone prassi e non avvezza alla mobilità sostenibile: in parole povere, chi deve sempre e comunque arrivare con la propria macchina nell’immediata prossimità della destinazione, anche se non è strettamente necessario e pur avendo a disposizione delle alternative. Quello che accadrà è prevedibile: di questa parte di clientela, qualcuno rinuncerà e qualcun altro, invece, si adeguerà. Qualche cliente sarà certamente perso. Di contro, ce ne saranno altri che invece, oggi tenuti lontani dal caos e dal disordine della zona, saranno invece contenti di potervisi finalmente recare in un contesto di spazio più sicuro, più bello, più godibile, più sano.
D’altra parte, ogni buona amministrazione non può assecondare e quindi premiare le cattive abitudini, per quanto radicate, ma ha il dovere di educare e indirizzare il cittadino verso modelli più sostenibili. E siccome il cittadino catanese non è geneticamente diverso dagli altri, anzi, è lo stesso catanese che in altre città è perfettamente in grado di comportarsi secondo schemi e modelli diversi e sicuramente più civili, non può esimersi dal farlo. Ciò vale non solo per il cittadino fruitore dei luoghi, ma anche per il commerciante che ha la sua attività. Un buon imprenditore, inoltre, deve sapere essere lungimirante: cavalcare il cambiamento, adeguarsi e andare quindi incontro ai nuovi modelli, in modo da garantirsi il miglior successo possibile. Restare ancorati al passato può far male, arrecando un danno non solo personale ma anche alla collettività, nel momento in cui ne impedisce o ne rallenta il naturale progresso.

Le città cambiano, nulla resta immutato. Il lento declino dello storico mercato della Pescheria, ad esempio, non è certamente figlio delle pedonalizzazioni o delle Ztl, bensì deriva dalle diverse abitudini delle nuove generazioni di catanesi e dalle ormai numerose alternative commerciali. Sicuramente meno “romantiche” o caratteristiche, è vero, ma inevitabilmente presenti e percorse.

In fin dei conti, Catania non è ancora così vicina ai parametri di mobilità sostenibile che costituiscono l’ovvia aspirazione quale grande città (civile) europea. Mobilità sostenibile che, su ampia scala, necessita di tanti interventi che vanno anche oltre la scala municipale: l’estensione della rete metropolitana, la riorganizzazione della rete di trasporto gommato, l’attivazione del servizio ferroviario metropolitano sul passante con relativa integrazione tariffaria, la realizzazione di una rete di piste ciclabili, la realizzazione di un nuovo sistema di trasporto rapido di massa tra il centro e l’hinterland, nuovi parcheggi pertinenziali. Mica poco, ma è tutto previsto: occorre lavorare per questi obiettivi, da raggiungere nel più breve tempo possibile. E allora saranno possibili anche interventi di ulteriore salvaguardia del centro storico dal traffico privato di ben più ampio respiro rispetto a quelli che commentiamo attualmente. In fondo, oggi, si parla solo di chiudere (e con tutti gli accorgimenti possibili) qualche strada secondaria del centro storico. Può sembrare poco, ma significa posare i primi tasselli del mosaico della città del futuro. Per questo, occorre remare tutti nella stessa direzione: Catania è stata città civile in passato e può e deve tornare ad esserlo.

Condividi

Post correlati

2 Thoughts to “Piazza Federico di Svevia pedonale: un seme per la città civile del futuro”

  1. Catania nel cuore

    Giusta e corretta analisi giornalistica.Avanti così .La città di Catania non potrà che solo migliorare ;certamente ci sono anche altri problemi da risolvere.Ma questo è un altro discorso.
    Ad Majora !

  2. Alfio

    D’accordissimo, perfetta analisi.

Lascia un commento